MATRIMONIO E DIVORZIO….. BREVE

La pregressa separazione dei coniugi è la causa più frequente di divorzio ma non l’unica (cfr. art. 3 L. 898/1970). Il divorzio comunemente è denominato da un punto di vista tecnico-giuridico scioglimento del matrimonio ovvero cessazione degli effetti civili riconducibili al matrimonio canonico trascritto, a seconda che il rapporto di coniugio sia sorto rispettivamente innanzi all’Ufficiale di Stato Civile (Sindaco o chi ne fa le veci presso la Casa Comunale), ovvero, davanti l’altare di una Chiesa Cattolica, alla presenza del sacerdote. In questo ultimo caso, il titolo del matrimonio ha natura canonica, conseguendo soltanto gli effetti civili e quindi il riconoscimento alle parti, dello status giuridico di coniuge, nella società civile. Una patologia nel rapporto matrimoniale può portare, per volontà di una o di entrambe le parti, allo scioglimento del matrimonio civile o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio canonico trascritto. In questo secondo caso, il matrimonio continua a “vivere” nella teoria generale del diritto, come atto giuridico, all’interno dell’ordinamento canonico (Ordinamento della Chiesa Universale), nonostante il divorzio, che incide sul rapporto ma non sull’atto, in quanto generato all’interno di un ordinamento –canonico appunto- diverso da quello Statale che pronuncia ed ammette il divorzio. In altri termini il divorzio non è riconosciuto dall’Ordinamento Canonico, per il quale, quelle parti, resteranno, nonostante il divorzio, marito e moglie, salvo i casi di nullità del matrimonio canonico rilevata e dichiarata dall’Autorità Ecclesiastica su istanza di chiunque vi abbia interesse, con apposito procedimento. La causa più comune di divorzio è senza dubbio la separazione legale dei coniugi, protratta per il tempo stabilito dalla legge. Infatti, è necessario che la separazione sia protratta ininterrottamente da almeno dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale (giudiziale), e da sei mesi, nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato, ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’Ufficiale di Stato Civile (art. 3, comma III, n. 2, lett. B, L. 898/1970 come emendato dalle Leggi nn. 74/1987; 162/2014 e 55/2015, quest’ultima legge anche titolata “divorzio breve” perché ha sancito la riduzione dei termini da tre anni a sei mesi, con l’esistenza dei presupposti richiesti, perché ci si possa dire “addio” per sempre).
La riduzione dei termini per richiedere ed ottenere il divorzio da tre anni fino a sei mesi come prevede e consente l’attuale disposizione normativa, è in linea con lo spirito della cultura europea, il quale, venendo incontro ai desideri del cittadino, è sempre più liberale e liberista, e sempre meno portatrice di un giudizio etico e morale rispetto al valore o al fattore su cui incide. Dirsi addio è quindi più facile. Anzi no, è più veloce nel tempo, essendo la facilità riconnessa e congiunta –il più delle volte- al divorzio psicologico, quello delle menti, quello della simbiosi unilaterale o bilaterale, che spesso porta le parti in Tribunale per divorziare, quando ancora la litigiosità è elevata, in coerenza con quel “detto” che noi avvocati ascoltiamo spesso con rassegnazione: “litigare sempre per non lasciarsi mai”
02.02.2016
Avv. Valeria Palombo (Foro di Roma)